Posted Mar 2023
Seppur non è prevista una vera e propria definizione di infortunio sul lavoro, questo viene pacificamente inteso come un evento nefasto che provoca un danno all’integrità psico-fisica del lavoratore, durante il normale svolgimento dell’attività lavorativa. Di conseguenza, gli elementi essenziali dell’infortunio sul lavoro sono:
– l’evento nefasto;
– la causa violenta;
– il danno all’integrità psico-fisica;
– l’occasione di lavoro.
La causa violenta si sostanzia in un episodio traumatico e repentino avente una componente esterna che interviene all’interno del luogo di lavoro (da non confondere con la malattia professionale: patologia la cui causa agisce lentamente e progressivamente sull’organismo a seguito della sottoposizione del lavoratore a un fattore di rischio durante lo svolgimento dell’attività lavorativa – es. esposizione a sostanze tossiche -), in grado di determinare un’inabilità temporanea al lavoro, un’inabilità permanente parziale o assoluta al lavoro, oppure la morte (danno all’integrità psico-fisica). Può riscontrarsi anche in riferimento allo sforzo messo in atto dal lavoratore, in una delle situazioni tipiche e abituali del suo lavoro, al fine di vincere una resistenza specifica delle condizioni di lavoro e del suo ambiente, che determini, con azione rapida e intensa, conseguenze invalidanti o letali.
Può trattarsi anche di alcune sostanze tossiche – di virus – di particolari condizioni climatiche che influenzano negativamente il verificarsi dell’evento nefasto.
L’occasione di lavoro racchiude in sé il generico concetto di “causa-effetto” tale per cui l’infortunio deve essere generato da un incidente che sia connesso con l’attività lavorativa svolta dall’individuo infortunatosi e correlato alla sua condotta a tal fine (svolgimento del lavoro e di tutte le attività prodromiche o strumentali ad esso), non a caso l’INAIL precisa: “sono esclusi dalla tutela gli infortuni conseguenti ad un comportamento estraneo al lavoro, quelli simulati dal lavoratore o le cui conseguenze siano dolosamente aggravate dal lavoratore stesso”. Il concetto di “occasione di lavoro”, quindi, richiede che via sia un nesso causale tra il lavoro e il verificarsi del rischio (specifico, determinato dalla ragione stessa del lavoro) cui può conseguire l’infortunio.
Un particolare tipo di infortunio sul lavoro è stato introdotto con l’art. 12 del D.Lgs n. 38/2000, prevedendo l’indennizzabilità dell’infortunio in itinere.
Questa particolare tipologia di infortunio si sostanzia in ciò che può verificarsi lungo il normale percorso che il lavoratore compie in funzione del lavoro, quale:
dalla sua abitazione al luogo di lavoro (e viceversa);
da un luogo di lavoro a un altro (se il lavoratore è impegnato in diversi rapporti lavorativi);
dal luogo di lavoro al luogo abituale di consumazione pasti (e viceversa) qualora non sia presente una mensa presso l’azienda.
In caso di infortunio sul luogo di lavoro, in base alla gravità e alle circostanze dell’infortunio, il lavoratore deve rivolgersi al medico dell’azienda (se presente sul luogo di lavoro) o al suo medico curante; nei casi più gravi, recarsi o farsi accompagnare al pronto soccorso dell’ospedale più vicino.
Effettuata la visita, il lavoratore deve avvisare immediatamente il proprio datore di lavoro o farlo avvisare, se non è nelle condizioni di poter provvedere personalmente. In mancanza di comunicazione tempestiva, il lavoratore perde il diritto alle prestazioni INAIL (punto 5) per i giorni antecedenti a quello in cui il datore di lavoro ne ha avuto notizia. In ogni caso il lavoratore deve illustrare le circostanze e il luogo dell’infortunio.
Il lavoratore dovrà fornire al datore di lavoro, in particolare:
gli estremi del certificato medico rilasciato dalla struttura sanitaria che ha prestato assistenza;
data di rilascio;
giorni di prognosi in esso indicati.
Tali dati saranno fondamentali per il datore affinchè adempiere, a seconda dei casi, all’obbligo di comunicazione o denuncia.
Come su anticipato, esistono degli obblighi anche per quanto riguarda il datore di lavoro: egli, una volta appreso dell’avvenuto infortunio, deve avvertire l’INAIL mediante la comunicazione o la denuncia. L’obbligo deriva dall’art. 53 del T.U. (oltre che da quanto disposto, circa la comunicazione, dall’art. 18, co. 1, lett. r) D.Lgs n. 81 del 2008 in materia di sicurezza sul lavoro), ai sensi del quale il datore vi deve adempiere entro due giorni da quando il lavoratore gli ha fornito notizia dell’evento assieme agli estremi del certificato medico. La norma sottolinea come tale obbligo vige sul datore “indipendentemente da ogni valutazione rispetto alla ricorrenza degli estremi di legge per l’indennizzabilità”.
I tempi per la comunicazione o la denuncia sono:
comunicazione: da presentare entro 48 ore da quando si è a conoscenza dei riferimenti del certificato medico;
denuncia: se la prognosi è superiore a 3 giorni oltre quello dell’evento, il datore di lavoro deve provvedere entro 48 ore da quando ha avuto contezza dell’infortunio; entro 24 ore qualora la situazione sia grave e abbia cagionato un pericolo di morte o la morte del lavoratore;
Il ritardo nell’adempiere alla comunicazione o alla denuncia nei tempi stabiliti, comporta delle sanzioni amministrative pecuniarie disciplinate dall’art. 55, D.Lgs. n. 81/2008 (aggiornato alla Legge n. 215 del 2021).
Non molto tempo fa, l’art. 32, comma 6 del D.Lgs. 21 giugno 2013, n. 69, convertito dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98, nell’ottica della semplificazione degli adempimenti formali in materia di lavoro e della riduzione degli oneri amministrativi a carico delle imprese, ha previsto l’abrogazione dell’art. 54 – a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto di cui all’art. 8, comma 4 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 – e la modificazione dell’art. 56 del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124.
A seguito dell’approvazione di tale decreto, il datore di lavoro, comunque tenuto, ai sensi dell’art. 53 del Testo Unico, a denunciare all’Istituto assicuratore gli infortuni e le malattie professionali, non avrà più alcun obbligo di comunicare l’accadimento di tali eventi all’autorità locale di pubblica sicurezza.
Le modifiche apportate dall’art. 32 del D.Lgs. 69/2013, comportano, peraltro, che a decorrere dal 1° gennaio 2014, l’INAIL trasmetterà telematicamente – mediante il sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP) – ai soggetti di cui all’art. 56, comma 1, i dati relativi alle denunce di infortuni sul lavoro mortali e di quelli con prognosi superiore a trenta giorni. L’inchiesta di cui è investita la Direzione Territoriale del Lavoro, ai sensi del comma 2 del citato art. 56, viene aperta solo ad iniziativa del lavoratore infortunato, di un superstite o dell’INAIL.
Le modalità di comunicazione previste dalle enunciate disposizioni, si applicano a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto di cui all’art. 8, comma 4 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81.
Il lavoratore che ha subito un evento lesivo tale da compromettere la sua integrità psico-fisica si troverà, a seconda della gravità dell’infortunio, in uno stato di temporanea o assoluta impossibilità di compiere qualsivoglia attività ivi compresa quella lavorativa.
Pertanto, l’INAIL riconosce al lavoratore una determinata copertura assicurativa avente a oggetto:
prestazioni sanitarie;
indennità giornaliera per inabilità permanente o temporanea del lavoratore;
indennizzo danno biologico in capitale;
rendita ai superstiti in caso di morte del lavoratore.
prestazioni sanitarie:
l’infortunato ha diritto a ricevere le cure mediche e chirurgiche, erogate a carico del Servizio Sanitario Nazionale, compresi gli accertamenti clinici, ai fini della guarigione, della stabilizzazione dei postumi e/o del miglior recupero possibile dell’integrità psico-fisica.
indennità giornaliera per inabilità permanente o temporanea:
al lavoratore assente dal lavoro per infortunio ha diritto a un trattamente retributivo pari a:
erogata dal datore:
100% retribuzione giornaliera il primo giorno di infortunio;
60% retribuzione giornaliera fino al terzo giorno successivo al giorno dell’evento (periodo di carenza).
erogata dall’INAIL:
60% retribuzione media giornaliera dal quarto giorno al novantesimo giorno in cui permane l’infortunio;
75% retribuzione media giornaliera dal novantunesimo giorno alla guarigione del lavoratore.
Indennizzo danno biologico in capitale:
se l’infortunio cagiona un danno biologico permanente, il lavoratore ha diritto a un indennizzo in forma di capitale determinato in riferimento alla percentuale di menomazione permanente sulla scorta della “tabella indennizzo danno biologico” (D.M. n. 12/2000 – modificato di recente dal D.M. n. 45/2019). In particolare:
inferiore al 6%: nessun indennizzo (cd. franchigia);
tra il 6% e il 15%: prestazione economica (indennizzo in capitale) erogata in un’unica soluzione facendo riferimento per l’ammontare alla tabella suindicata;
tra il 16% e il 100%: prestazione economica sotto forma di rendita il cui importo si compone di una quota che risarcisce e indennizza il danno biologico (tabella indennizzo danno biologico) e un’altra che invece indennizza la ridotta capacità del lavoratore a produrre reddito (tabella dei coefficienti).
Rendita ai superstiti in caso di morte del lavoratore:
In caso di morte del lavoratore l’INAIL eroga una rendita ai superstiti calcolata sulla base della retribuzione massima convenzionale (per i decessi avvenuti dal 1° gennaio 2014) del settore industria, nella misura del:
50% al coniuge
20% a ciascun figlio/figlia minorenne o a carico, fino a 26 anni se studente universitario;
40% ai figli/e orfani di entrambi i genitori e a quelli nati dalle coppie di fatto (al convivente superstite non viene dato alcun beneficio)
20% a ciascun genitore naturale o adottivo e a ciascuno dei fratelli e delle sorelle, se conviventi e a carico del lavoratore deceduto, solo in mancanza di coniuge e figli superstiti
La rendita, in ogni caso, non può superare complessivamente il 100% della retribuzione di riferimento e decorre dal giorno successivo a quello della morte. E’ rivalutata annualmente e non è soggetta a tassazione.
Con il D. L. del 21 ottobre 2021, n. 146, recante “misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”, convertito con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2021, n. 215 con gli articoli 13 e 13-bis, è stata apportata una vera e propria mini-riforma all’impianto normativo del D.Lgs. 81/2008.
In particolare, la Legge 215/2021 è intervenuta sull’art. 37, comma 7, del D.Lgs. 81/2008, colmando un evidente vuoto della previgente disciplina, stabilendo così che, oltre ai dirigenti ed i preposti ora anche gli stessi datori di lavoro dovranno ricevere “(…) un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro, secondo quanto previsto dall’Accordo di cui all’articolo 37, comma 2, secondo periodo”.
La nuova normativa ha modificato anche l’articolo 19 TUSL, in particolare il comma a), stabilendo che il preposto oltre ai compiti già previsti nella precedente formulazione:
deve sovrintendere e vigilare sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di rilevazione di comportamenti non conformi alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dai dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale, intervenire per modificare il comportamento non conforme fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza. In caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza dell’inosservanza, interrompere l’attività del lavoratore e informare i superiori diretti.
E’ stato, inoltre, aggiunto anche un nuovo comma f-bis):
in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza, se necessario, interrompere temporaneamente l’attività e, comunque, segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate.
A fronte di quanto innanzi evidenziato la figura del preposto assume un ruolo chiave nell’ambito della sicurezza sui luoghi di lavoro dal momento che, essendo presente fisicamente dove l’attività lavorativa viene svolta, attraverso i nuovi compiti/poteri affidatigli, potrà immediatamente interrompere l’attività lavorativa che espone il lavoratore a rischi o, un suo comportamento contrario alle regole sulla sicurezza e, solo successivamente informare il datore di lavoro e/o il dirigente.
Anche se con l’inserimento nell’art. 37, del comma 7-ter, del D.Lgs. 81/2008, si modifica la periodicità dell’aggiornamento della formazione dei preposti, che con la nuova disciplina deve essere ripetuta con cadenza almeno biennale e comunque “(…) ogni qualvolta ciò sia reso necessario in ragione dell’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi”.
Un’altra importante novità introdotta dal D.L. 146/2021 ha a oggetto le modifiche degli artt. 13 e 14 del D.Lgs. 81/08.
In particolare l’art. 13 affida in via privilegiata all’INL (Ispettorato Nazionale del Lavoro) la competenza ispettiva in materia di sicurezza sui luoghi di lavori, al fine di rinforzare un organico che soffriva un cronico sotto dimensionamento.
Inoltre, essendo stato abrogato il comma 2 dell’art. 13 del D.Lgs. 81/2008, che definiva l’ambito di competenza limitata, gli ispettori dell’INL acquisiscono una competenza generale, quindi non più circoscritta all’edilizia e alcune altre attività ma, possono svolgere i controlli in tutti i settori.
Ma, sicuramente, la novità di maggior impatto è quella relativa alla sospensione dell’attività lavorativa prevista dall’art. 14 D.Lgs. 81/2008.
Il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale deve essere adottato in tutti i casi in cui sia manifesta ed acclarata una delle seguenti situazioni:
– personale irregolare, in misura pari o superiore al 10% del totale dei lavoratori regolarmente occupati;
– gravi violazioni della disciplina in materia di tutela di salute e della sicurezza, così come individuate dall’All. I, D.Lgs. 81/2008.
La sospensione dell’attività deve essere immediata, fatta salva la possibilità di farne decorrere gli effetti in un momento successivo e, nello specifico, “dalle ore 12 del giorno lavorativo successivo ovvero dalla cessazione dell’attività lavorativa in corso che non può essere interrotta”, così come previsto dall’art. 14, comma 4, D.Lgs. 81/2008.
Con la circolare n. 3/2021, l’INL ha provveduto a fornire alcuni chiarimenti relativamente alla modifica del citato art. 14 prevedendo che, la sospensione deve avere carattere immediato qualora si riscontrino situazioni di pericolo imminente o, grave rischio per la sicurezza e salute dei lavoratori o dei terzi, fatti salvi i casi in cui la sospensione immediata dell’attività sarebbe maggiormente rischiosa rispetto a quella a termine del ciclo lavorativo; la circolare specifica inoltre l’importanza di valutare caso per caso, contestualizzando la norma alla singola situazione verificata dall’organo ispettivo.
Ulteriore novità è rappresentata dal riferimento “all’accesso ispettivo”, quale momento in cui va valutata la sussistenza dei presupposti di adozione del provvedimento.
Ciò lascia evidentemente intendere che la regolarizzazione dei lavoratori nel corso dell’accesso è del tutto ininfluente e, pertanto, il provvedimento andrà comunque adottato.
La circolare specifica inoltre che, il provvedimento di sospensione, come in passato, è anzitutto adottato “in relazione alla parte dell’attività imprenditoriale interessata dalle violazioni” e che, trattandosi di causa non imputabile al lavoratore, per il datore di lavoro permane l’obbligo di corrispondere allo stesso il trattamento retributivo e di versare la relativa contribuzione durante l’intero periodo di sospensione dell’attività lavorativa.
Con nota del 7 giugno 2022 l’INL ha fornito ulteriori chiarimenti relativamente ai casi di attività la cui interruzione potrebbe comportare gravi conseguenze ai beni e alla produzione (ad es. nel settore agricolo o in quello zootecnico) nonché la compromissione del regolare funzionamento di un servizio pubblico, sottolineando la necessità di “valutare circostanze particolari che suggeriscano, sotto il profilo dell’opportunità, di non adottarlo”.
(contributo a cura)
Dott. Salvatore Lacopo