Posted Mar 2023
A cura di: Eleonora Dolcini
La riforma della giustizia civile, contenuta nel D.L. 149/2022, ha apportato una serie di modifiche al D.L. 28/2010 in materia di mediazione civile e commerciale. Le novità così introdotte avranno effetto a decorrere dal giorno 30 giugno 2023.
In merito, la riforma sostituisce il preesistente comma 1bis con il comma 1 che fornisce un implementato elenco di materie obbligatorie: oltre alle già previste controversie in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di ramo d’azienda, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione a mezzo stampa o pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, si aggiungono le materie di associazione in partecipazione, consorzio, franchising, contratti d’opera, di rete, di somministrazione, società di persone e subfornitura.
Per controversie che abbiano ad oggetto le suindicate materie, quindi, per procedere con il giudizio è necessario esperire il tentativo obbligatorio di mediazione, a pena di improcedibilità della domanda giudiziale. La rilevazione dell’esperimento della condizione resta invariata ed è pertanto eccepibile sia dalla parte a pena di decadenza ovvero dal giudice non oltre la prima udienza.
Rimane altresì fissa la previsione secondo cui il tentativo si considera esperito se il primo incontro avanti al mediatore si conclude senza accordo.
Vengono poi introdotti tre nuovi articoli al D.Lgs. 28/10: l’art. 5-bis in materia di opposizione a decreto ingiuntivo, l’art. 5-ter relativamente alla legittimazione in mediazione dell’amministratore di condominio, l’art. 5-quater in materia di mediazione demandata e l’art. 5-quinquies relativamente alla formazione dei magistrati in materia di mediazione.
L’art. 5-bis prevede che, quando l’azione in materia di mediazione obbligatoria è stata introdotta con ricorso per decreto ingiuntivo, nel procedimento di opposizione la domanda di mediazione deve essere presentata dalla parte che ha proposto ricorso per decreto ingiuntivo. Il giudice nella prima udienza decide in merito alla provvisoria esecuzione, e accerta se la mediazione sia stata esperita. In caso contrario, rinvia a udienza successiva entro la quale il tentativo di mediazione dovrà essere attuato. Se entro questo termine le parti non hanno proceduto all’esperimento della mediazione, il giudice dichiara l’improcedibilità della domanda, revoca il decreto e provvede sulle spese.
L’art. 5-ter legittima l’amministratore di condominio a presentare domanda di mediazione, ad aderire al procedimento e a parteciparvi.
Nel caso di raggiungimento di un accordo, il verbale contenente la conciliazione o la proposta del mediatore sono sottoposti ad approvazione dell’assemblea condominiale, che è chiamata a deliberare entro il termine fissato nell’accordo o nella proposta. In mancanza di approvazione assembleare entro dato termine, la conciliazione si considera come non conclusa.
Con la riforma, la mediazione demandata dal giudice, che prima veniva disciplinata ex art. 5 comma 2, viene ora regolamentata da un articolo ad hoc. La norma prevede che il giudice, anche in sede di giudizio di appello, a seguito di una specifica e attenta valutazione della fattispecie concreta può, mediante ordinanza motivata, disporre che le parti esperiscano un tentativo di mediazione. Nella motivazione il giudice dovrà necessariamente considerare la natura della causa, lo stato dell’istruzione della causa, il comportamento delle parti e ogni altra circostanza. La mediazione disposta dal giudice ha la stessa valenza di quella obbligatoria, costituendo condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Pertanto, le parti possono essere chiamate dal giudice a mediare anche in ipotesi diverse da quelle previste ai sensi dell’art. 5 e, in ogni caso, non possono esimersi dall’esperire il tentativo nel caso in cui il giudice decida in tale senso.
In precedenza, le parti avevano l’obbligo di presentare domanda di mediazione entro un termine perentorio di 15 giorni; con la riforma il termine per l’esperimento della mediazione è disposto dall’ordinanza e dovrà avvenire entro l’udienza ivi fissata dal giudice.
Al fine di favorire l’applicazione della mediazione a opera dei magistrati, soprattutto con riferimento alla mediazione demandata, questi ultimi sono chiamati a formarsi e ad aggiornarsi in materia di mediazione tramite la frequenza a corsi e seminari offerti dalla Scuola superiore della magistratura.
La partecipazione ai corsi, la quantità e la qualità delle controversie definite con ordinanza di mediazione o con accordi conciliativi sono valutati come indicatori di impegno, capacità e laboriosità del magistrato.
L’attività svolta in tale senso, e quindi le ordinanze di rinvio in mediazione e il numero di controversie così definite sono statisticamente monitorate.
Infine, il capo dell’ufficio giudiziario può promuovere progetti di collaborazione per favorire il ricorso alla mediazione e la relativa formazione in materia con Università, Ordine degli Avvocati, Organismi di Mediazione e Associazioni Professionali.
Anche laddove le parti in lite abbiano previsto una clausola di mediazione, sia essa inserita nel contratto, nello statuto ovvero nell’atto costitutivo dell’ente pubblico o privato, il tentativo di mediazione deve obbligatoriamente essere esperito, a pena di inammissibilità della domanda giudiziale. In questo caso il mancato esperimento della mediazione può essere rilevato su eccezione di parte, entro la prima udienza. Qui la lettera della norma si discosta dalla versione precedente, ove l’eccezione di parte doveva necessariamente essere proposta entro la prima difesa.
La domanda di mediazione viene quindi presentata all’organismo indicato nella clausola o, in mancanza, a quello territorialmente competente.
L’art. 6 prevede che la mediazione abbia una durata non superiore a tre mesi, eventualmente prorogabile di ulteriori tre mesi tramite accordo scritto tra le parti che possono disporre la proroga dopo l’inizio del procedimento e prima della sua scadenza. Nel caso in cui il giudizio sia pendente, le parti informano il giudice della suindicata proroga.
Il termine viene conteggiato dal momento della deposizione della domanda o alla scadenza del giudice fissata per la presentazione della stessa.
Resta ferma la previsione secondo la quale il procedimento di mediazione non soggiace alla sospensione feriale dei termini.
All’art. 8 viene regolamentato il procedimento di mediazione. A differenza della versione precedente, dove potevano decorrere al massimo 30 giorni tra il deposito della domanda e la fissazione del primo incontro, la versione attuale prevede che il primo incontro sia disposto non prima di 20 giorni e non oltre 40 dal deposito della domanda, salvo diverso accordo delle parti. La comunicazione, inviata dall’organismo di mediazione alla parte convenuta e contenente la designazione del mediatore e le informazioni relative al primo incontro, produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale e impedisce la decadenza per una sola volta.
Resta possibile nominare uno o più mediatori ausiliari e consulenti tecnici nel caso di particolare complessità della materia.
Le parti devono partecipare personalmente alla procedura e devono essere necessariamente assiste dai propri difensori nelle ipotesi di mediazioni obbligatorie e demandate. E’ consentito alle parti, solo in presenza di gravi motivi, nominare un sostituto, a patto che conosca nel dettaglio la controversia oggetto di mediazione.
La nuova versione della norma modifica anche l’approccio del mediatore, che ora al termine del primo incontro non è più tenuto a invitare le parti e i loro difensori ad esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione.
il nuovo art. 8-bis regolamenta la mediazione svolta telematicamente, e ciascuna parte può decidere se partecipare agli incontri in presenza o da remoto. Al termine della mediazione, il mediatore forma un unico documento informatico contenente il verbale e l’eventuale accordo e lo invia alle parti affinché lo sottoscrivano con firma digitale. Nel caso di mediazione obbligatoria o demandata, lo stesso documento viene inoltrato agli avvocati delle parti per la sottoscrizione con le stesse modalità. Il verbale viene poi nuovamente inoltrato al mediatore che lo firma a sua volta digitalmente e lo ritrasmette alle parti e ai loro difensori, e alla segreteria dell’organismo.
Le conseguenze processuali della mancata partecipazione al procedimento di mediazione sono ora regolato dall’art. 12-bis. Il primo comma riprende in toto la previsione del precedente art. 8 comma 4 bis, ove è previsto che il giudice possa desumere argomenti di prova dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, ai sensi dell’art. 116 c.p.c.
Nei casi in cui la mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale, il giudice condanna la parte convenuta che non si è costituita senza giustificato motivo in mediazione a una somma equivalente al doppio del contributo unificato dovuto per il giudizio, da versare all’entrata del bilancio dello Stato. La sanzione è dunque raddoppiata rispetto alla previsione originale del D.Lgs. 28/2010.
Ma vi è di più: la riforma prevede che il giudice, su richiesta di parte, possa condannare la parte soccombente contumace in mediazione al pagamento in favore della controparte di una somma equitativamente determinata, comunque non superiore al massimo delle spese del giudizio maturate dopo la conclusione della mediazione. Al fine di incentivare la partecipazione delle pubbliche amministrazioni, è previsto che il giudice trasmetta al Pubblico Ministero presso la Corte dei Conti la copia del provvedimento di condanna alla sanzione pecuniaria, equivalente al doppio del contributo unificato. Questa misura è stata prevista con lo specifico obiettivo di dissuadere i soggetti più potenti, che sono soliti non presentarsi al procedimento di mediazione, dal restare contumaci.
un’altra importante modifica è rappresentata dal nuovo art. 15-bis, che prevede l’applicazione dell’istituto del Gratuito Patrocinio anche nei procedimenti di mediazione.
Infatti, nella versione precedente la parte che aveva i requisiti per l’ammissione al gratuito patrocinio era semplicemente esentata dal versare l’indennità di mediazione (che quindi risultava gratuita). Nulla era però previsto in merito alla retribuzione del difensore che, ricordiamo, deve necessariamente assistere la parte quando la mediazione è condizione di procedibilità. Come conseguenza, la parte che aveva i requisiti reddituali previsti per l’ammissione al gratuito patrocinio non pagava le spese di mediazione ma doveva pagare l’onorario del proprio difensore, mancando una specifica previsione normativa in merito.
Con l’introduzione della riforma è ora invece garantito l’accesso al gratuito patrocinio per la parte che ne abbia i requisiti, nelle ipotesi di mediazione obbligatoria e a condizione che venga raggiunto un accordo.
La domanda di ammissione anticipata può essere presentata dall’interessato o dal suo difensore personalmente, a mezzo raccomandata o tramite P.E.C. e deve essere fatta pervenire al consiglio dell’ordine degli avvocati del luogo ove ha sede l’organismo di mediazione designato e territorialmente competente. L’ammissione deve essere realizzata entro un termine massimo di 20 giorni. Nel caso in cui l’istanza dovesse essere rigettata, l’interessato ha facoltà di presentare ricorso entro 20 giorni dalla decisione negativa. Una volta terminato con successo il procedimento di mediazione l’ammissione al gratuito patrocinio è confermata su istanza del difensore. All’istanza, ove viene indicato l’ammontare del compenso, è allegato il verbale di accordo di conciliazione. Il consiglio dell’ordine procede quindi a confermare l’ammissione.
Al fine di incentivare ulteriormente l’accesso alla mediazione, la normativa prevedeva degli incentivi fiscali, che sono stati riconfermati dalla riforma e rivisti negli importi; gli atti, i documenti e i provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsivoglia specie e natura.
Il verbale di mediazione è esente dall’imposta di registro entro il limite di euro 100.000: il tetto massimo con la riforma è stato raddoppiato rispetto alle previsioni precedenti.
Per quanto concerne il credito d’imposta, questo è previsto nella misura pari all’indennità di mediazione versata e fino a concorrenza di euro 600,00 in caso di accordo di conciliazione; anche in questo caso l’importo complessivo è stato aumentato di euro 100,00 rispetto alla precedente versione della norma. In aggiunta, per le mediazioni obbligatorie e demandate è altresì previso un credito di imposta pari al compenso del difensore, nei limiti previsti dai parametri forensi e fino a concorrenza di euro 600,00. Laddove dovesse subentrare un accordo di conciliazione in una causa già pendente, è riconosciuto un credito d’imposta a fronte del contributo unificato versato per il giudizio estinto, nel limite di quanto versato e fino ad un massimo di euro 518,00.
Il nuovo articolo 20 fissa altresì un limite complessivo del credito per procedura, pari ad euro 600,00 e un importo massimo annuale, in caso di pluralità di procedure, pari a euro 2.400,00 per le persone fisiche ed euro 24.000,00 per le persone giuridiche.
Laddove la mediazione dovesse concludersi senza il raggiungimento di un accordo, gli importi suindicati a titolo di credito d’imposta sono ridotti della metà.
La riforma implementa, anche nell’ambito della negoziazione assista, le materie di competenza e le sue modalità di svolgimento, regolamentando l’ipotesi di negoziazione condotta online.
introdotta con la nuova novella 2-bis, viene quindi prevista l’ipotesi di svolgimento del procedimento con modalità telematiche. In ogni caso non è possibile acquisire dichiarazioni del terzo come previsto dal nuovo art. 4-bis. Laddove l’accordo di negoziazione dovesse essere sottoscritto in modalità analogica dalle parti, gli avvocati lo certificano tramite l’apposizione di firma elettronica.
l’ambito di applicazione della procedura di negoziazione assistita viene allargato anche alla materia di controversie individuali di lavoro ex art. 409 c.p.c. In questo ambito, la procedura non costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale, e il legislatore dispone che le parti, oltre che dagli avvocati, possano essere assistite anche dai propri consulenti del lavoro.
L’accordo di negoziazione così delineato dev’essere altresì garantito dal regime di stabilità, così come previsto dall’art. 2113 comma 3 c.c.
Per quanto riguarda la convenzione di negoziazione assistita ex art. 2 del D.L. n. 132/2014, la riforma prevede la possibilità di utilizzare un modello che viene elaborato dal Consiglio Nazionale Forense, fatta salva l’ipotesi in cui le parti, mutualmente, decidano di discostarsene.
È altresì prevista l’introduzione di una fase istruttoria, denominata “attività di istruzione stragiudiziale” che deve essere svolta nel rispetto del principio del contraddittorio e con la necessaria partecipazione di tutti gli avvocati che assistono le parti.
Con l’introduzione dell’art. 4-bis si stabilisce che, ove la convenzione di negoziazione assista lo preveda, ciascun avvocato può invitare un terzo a realizzare dichiarazioni su fatti specificamente individuati e rilevanti in merito all’oggetto della controversia, in presenza degli avvocati che assistono le altre parti. Il dichiarante, che deve avere più di 14 anni, viene quindi invitato a dichiarare se ha rapporti di parentela o di natura personale e/o professionale con le parti coinvolte o se ha interesse nella causa,
e viene preliminarmente avvisato:
L’intervista viene quindi verbalizzata dagli avvocati, che inseriscono altresì il luogo e della data in cui sono acquisite le dichiarazioni, le generalità dell’informatore e degli avvocati e l’attestazione che sono stati rivolti gli avvertimenti di cui sopra. Il documento viene quindi letto al dichiarante e sottoscritto da lui e dagli avvocati. Tutti i soggetti che sottoscrivono ricevono una copia originale del verbale, che può anche essere prodotto in giudizio. Il giudice, in proposito, può anche decidere di udire l’informatore in veste di testimone.
Nel caso in cui la persona informata si rifiuti di rispondere o se la negoziazione si conclude senza accordo, la parte che ritiene necessaria la sua deposizione può chiedere che venga ordinata l’audizione davanti al giudice.
La legge di riforma del processo civile ha ampliato la disciplina della negoziazione assistita anche in materia di diritto di famiglia, estendendone l’applicazione anche per la soluzione consensuale delle controversie tra genitori in materia di mantenimento di figli maggiorenni che non siano economicamente autosufficienti, di obblighi alimentari di affidamento e di mantenimento di figli naturali: quest’ultima disposizione permette, quindi, l’accesso all’istituto anche alle coppie di fatto.
Lo Stato garantisce l’applicazione dell’accesso al gratuito patrocinio anche in materia di negoziazione assistita, in caso di raggiungimento dell’accordo.
Per l’ammissione anticipata, i requisiti e le eventuali impugnazioni si applicazione la stessa disciplina pensata per l’istituto nella mediazione.