Posted Feb 2022
In seguito alla conclusione del contratto di compravendita, le aspettative del compratore in ordine alle caratteristiche del bene acquistato possono essere frustrate a causa di difformità del bene rispetto all’oggetto dell’accordo. In questo articolo si tratteranno le diverse forme di tutela del venditore relative ad altrettante ipotesi di difformità della cosa venduta, con un’attenzione particolare alla consegna aliud pro alio.
Presupposti e contenuto della garanzia per i vizi della cosa venduta
Tra le obbligazioni principali del venditore, l’art. 1476, n. 3, c.c. contempla quella di garantire il compratore per i vizi della cosa venduta, vale a dire garantire che questa sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore (cfr. art. 1490, co. 1, c.c.). Secondo la giurisprudenza, i vizi rilevanti ai fini della tutela riconosciuta al compratore dagli artt. 1490 ss. sono le imperfezioni e i difetti inerenti al processo di fabbricazione, formazione, produzione o conservazione della cosa (cfr. C. app. Milano, sez. III, 17/06/2021, n. 1908).
In presenza delle suddette difformità – c.d. vizi redibitori – e sempre che al momento dell’acquisto il compratore non ne fosse a conoscenza o le stesse non fossero facilmente riconoscibili (nel qual caso la garanzia non è dovuta), il compratore può domandare a sua scelta la risoluzione del contratto (c.d. azione redibitoria) ovvero la riduzione del prezzo (c.d. actio quanti minoris). In caso di risoluzione del contratto, il venditore è tenuto a restituire all’acquirente il prezzo e rimborsare al compratore le spese e i pagamenti legittimamente fatti per la vendita; dal canto suo, il compratore deve restituire la cosa, se questa non è perita in conseguenza dei vizi (art. 1493 c.c.).
Sia che il compratore domandi la risoluzione del contratto sia che opti per la riduzione del prezzo, il venditore è sempre tenuto al risarcimento del pregiudizio subito, in termini economici, dal fatto di aver ricevuto un bene viziato (si pensi, ad esempio, al danno emergente derivante dalla mancata utilizzazione del bene o al lucro cessante consistente nell’impossibilità di alienarlo a terzi), a meno che il venditore non provi di aver ignorato senza colpa i vizi della cosa. Inoltre, il venditore è tenuto a risarcire al compratore i danni derivanti dai vizi della cosa stessa (art. 1494 c.c.).
Termini e condizioni per l’esercizio delle azioni redibitoria e quanti minoris
La garanzia per i vizi della cosa venduta prevista dal Codice civile soggiace a termini di prescrizione e di decadenza particolarmente stringenti, al fine di tutelare la certezza dei traffici giuridici. Infatti, ai sensi dell’art. 1495, il compratore decade dalla garanzia se non denunzia i vizi al venditore entro otto giorni dalla scoperta, salvi i diversi termini previsti dalla legge o dalle parti. La denuncia, come chiarito dalla giurisprudenza, non richiede un’esposizione dettagliata, ma deve essere idonea a rendere edotto il venditore del fatto che il compratore ha riscontrato, sebbene in modo non esauriente e completo, vizi che rendono la cosa inidonea all’uso cui è destinata o ne diminuiscono in modo apprezzabile il valore (cfr. Cass. 11/12/2015, n. 15027). L’acquirente è esonerato dalla denuncia se il venditore ha riconosciuto l’esistenza dei vizi o li ha occultati. L’azione per far valere la garanzia ex art. 1493 c.c. si prescrive entro un anno dalla consegna della cosa, ma il compratore può sempre far valere la garanzia in via di eccezione, se è convenuto in giudizio per l’esecuzione del contratto, purché abbia denunziato i vizi entro otto giorni dalla scoperta e prima del decorso dell’anno dalla consegna (art. 1495, comma 3, c.c.).
Conseguenze dell’impegno del venditore all’eliminazione dei vizi
Una volta ricevuta la denuncia, il venditore può offrirsi di eliminare i vizi della cosa. Occorre chiarire che tale iniziativa del venditore esula dalla garanzia per i vizi prevista dal Codice civile. Infatti, come chiarito dalla giurisprudenza, il compratore che agisce per l’esatto adempimento dell’obbligazione assunta dal venditore di eliminare i vizi, non soggiace ai termini e alle decadenze dell’art. 1495 c.c., bensì al termine di prescrizione ordinaria decennale di cui all’art. 2946 c.c., proprio perché l’azione esercitata dal compratore non è quella redibitoria né quella per la riduzione del prezzo (cfr. Cass. 31/05/2016, n. 11232). In relazione al termine
prescrizionale di un anno, previsto per le azioni redibitoria e quanti minoris, l’impegno del venditore alla rimozione dei vizi costituisce un riconoscimento di debito, interruttivo della prescrizione ai sensi dell’art. 2944 c.c., e consente all’acquirente di conservare il diritto di esercitare le due azioni di cui all’art. 1493 c.c. (cfr. Cass. sez. un. 21/06/2005, n. 13294).
D’altra parte, il compratore può agire per ottenere l’eliminazione dei vizi solo se il venditore si impegna in tal senso. Infatti, «il compratore non può avvalersi, anche in presenza di colpa del venditore, dell’azione di esatto adempimento, alternativamente con le azioni derivanti dalla garanzia di cui all’art. 1490 c.c., in quanto le obbligazioni principali del venditore non hanno per oggetto, neppure in via sussidiaria, un facere relativo alla materiale struttura della cosa venduta» (Trib. Teramo, sez. I, 03/06/2021, n. 557). La non alternatività dell’azione di esatto adempimento rispetto alle azioni di cui all’art. 1495 c.c. risiede anche nel fatto che l’impegno assunto dal venditore di eliminare i vizi non determina l’insorgere di un’obbligazione estintiva e sostitutiva di quelle derivanti dalla garanzia ex artt. 1490 ss. c.c., ma consente al compratore di sottrarsi alle decadenze e alle prescrizioni di cui all’art. 1495 c.c., nei termini anzidetti.
La garanzia per mancanza di qualità
L’obbligazione del venditore di garantire che la cosa sia immune da vizi comprende anche la garanzia della presenza, nella stessa, delle qualità promesse o comunque di quelle essenziali all’uso cui la cosa è destinata. A differenza dei vizi redibitori, la mancanza di qualità si riferisce alla natura stessa del bene e comprende tutti quegli elementi essenziali e sostanziali che, nell’ambito del medesimo genere, influiscono sulla classificazione della cosa in una specie piuttosto che in un’altra (cfr. Cass. 28/03/1992, n. 1839). Il bene venduto, in questo caso, non presenta imperfezioni, ma, nondimeno, non è dotato di quegli attributi essenziali che lo specificano, rispetto ad altri beni dello stesso genere e che risultano essenziali per il compratore, in ragione dell’uso al quale il bene è destinato. Si pensi, ad esempio, all’ipotesi in cui il compratore ordina una cassa di vino composto all’85% di un determinato vitigno e, invece, riceve un vino nel quale di quel vitigno è presente una percentuale inferiore.
Ai sensi dell’art. 1497 c.c., se la cosa manca delle predette qualità, il compratore ha diritto di ottenere la risoluzione del contratto per inadempimento, secondo la disciplina generale di cui all’art. 1453 c.c., purché il difetto ecceda il limite di tolleranza stabiliti dagli usi. L’azione di inadempimento, tuttavia, è sottoposta alle prescrizioni e alle decadenze di cui all’art. 1495 c.c., con la conseguenza che il compratore potrà domandare la risoluzione se ha denunciato la mancanza di qualità entro otto giorni dalla scoperta e se esercita l’azione entro l’anno dalla consegna della cosa. L’esclusione della possibilità di domandare la riduzione del prezzo trova giustificazione nel fatto che il compratore, avendo riscontrato nella cosa l’assenza delle qualità essenziali che lo avevano indotto ad acquistarla, non ha interesse a trattenere il bene a un prezzo inferiore.
La consegna aliud pro alio
I vizi redibitori di cui all’art. 1490 c.c. e la mancanza di qualità di cui all’art. 1497 c.c. si riferiscono a una cosa venduta e/o consegnata che appartiene allo stesso genere di quella indicata nel contratto. Da tali ipotesi deve essere tenuta distinta la c.d. consegna aliud pro alio, non disciplinata espressamente dal Codice civile e le caratteristiche della quale sono state oggetto di elaborazione giurisprudenziale. Tale fattispecie ricorre quando il venditore consegna all’acquirente un bene completamente diverso da quello venduto o perché appartenente a un genere difforme da quello posto alla base della decisione del compratore di effettuare l’acquisto oppure perché presenta difetti che gli impediscono di assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziale dalle parti, facendolo degradare in una sottospecie del tutto diversa da quella dedotta in contratto (v. ex multis, Cass. 9/12/2013, n. 28419; 05/02/2016, n. 2313; C. app. Milano, 16/06/2021, n. 1908). Le criticità legate alla consegna aliud pro alio, dunque, non attengono a caratteristiche intrinseche al bene, ma piuttosto a difformità funzionali, in relazione all’attitudine dello stesso a soddisfare i bisogni che il compratore ha inteso perseguire mediante l’operazione di acquisto.
Il rimedio indicato dalla giurisprudenza nel caso di consegna aliud pro alio è la risoluzione per inadempimento ex art. 1453 c.c., con la precisazione che tale azione è svincolata dai termini e dalle condizioni di cui all’art. 1495 c.c. (cfr. Cass. 28419/2013 cit.), in quanto la difformità del bene nell’ipotesi in esame non è assimilabile
alla sussistenza per i vizi e la mancanza di qualità della cosa venduta, oggetto del particolare regime di garanzia sopra descritto.
Alcuni esempi di consegna aliud pro alio
Sovente la giurisprudenza si è trovata a dover individuare le differenze tra vizi o mancanza di qualità e consegna aliud pro alio, poiché non sempre è agevole tracciare il confine tra queste diverse ipotesi nel caso concreto, al di là delle definizioni e dei principi di diritto.
Occorre premettere che lo stabilire se si versi in tema di consegna aliud pro alio o di cosa mancante di qualità, o, ancora affetta da vizi redibitori, comporta un giudizio di fatto devoluto al giudice di merito, mentre la Corte di cassazione si limita a stabilire se il giudice a quo, nell’esprimere tale giudizio di fatto, si sia attenuto ad un corretto criterio di distinzione tra le predette ipotesi (cfr. Cass. 28419/2013 cit.).
Così, ad esempio, la Suprema Corte ha affermato che il giudice di secondo grado non si era conformato ai criteri distintivi delle suddette fattispecie di difformità della cosa venduta, poiché aveva escluso che la consegna di un toro privo di capacità riproduttiva configurasse una consegna aliud pro alio – ritenendo invece che la sterilità dell’animale costituisse vizio redibitorio ai fini dell’applicazione dell’art. 1495 c.c. – in ragione del fatto che il toro per cui era causa restava tale, anche se inidoneo alla riproduzione, e poteva essere destinato ad utilizzazioni differenti. Secondo la Cassazione, il giudice d’appello aveva trascurato che il fenomeno della consegna aliud pro alio non ricorre solo quando il bene consegnato è di genere differente da quello pattuito, ma anche quando, pur appartenendo al genere voluto, esso manca delle qualità necessarie ad adempiere la funzione economico-sociale assegnatagli dalle parti nel contratto. Nel caso di specie, l’acquirente aveva espressamente ordinato un toro destinato alla fecondazione delle bufale. L’inidoneità funzionale dell’animale, pur appartenente al medesimo genere indicato nel contratto, configura non un vizio ma un aliud pro alio (Cass. 28419/2013 cit.).
La consegna aliud pro alio può configurarsi anche nel caso di vendita di un immobile privo della certificazione di abitabilità (artt. 24, 25 e 26 D.P.R. n. 380/2001). In proposito, la Suprema Corte ha affermato che nella vendita di un immobile ad uso abitativo, sebbene il certificato di abitabilità costituisca un requisito giuridico essenziale ai fini del legittimo godimento e della normale commerciabilità del bene, «la mancata consegna di detto certificato costituisce un inadempimento del venditore che non incide necessariamente e in modo dirimente sull’equilibrio delle reciproche prestazioni» (Cass. 13/08/2020, n. 1723; 1/03/2010, n. 6548). Da ciò consegue che: «Il successivo rilascio del certificato di abitabilità esclude che la vendita dell’immobile che al momento del contratto ne sia privo possa essere configurata come una ipotesi di vendita di aliud pro alio» (Cass. n. 6548/2010 cit.).
Viceversa, integra un’ipotesi di vendita aliud pro alio «il difetto assoluto della licenza di abitabilità ovvero l’insussistenza delle condizioni necessarie per ottenerla in dipendenza della presenza di insanabili violazioni della legge urbanistica nel caso in cui non ricorrano le condizioni per l’ottenimento del certificato in ragione di insanabili violazioni di disposizioni urbanistiche» (Cass. 30/01/2017, n. 2294; C. app. Roma 02/07/2021 n. 4863).
Un’ultima ipotesi di consegna aliud pro alio meritevole di attenzione è quella che può configurarsi nella cessione delle opere d’arte, in particolare laddove si accerti che l’opera venduta non è attribuibile all’autore indicato dalle parti. Secondo la giurisprudenza, l’appartenenza di un’opera d’arte all’autore indicato nel contratto assume, nell’intendimento delle parti e secondo il comune apprezzamento di tali rapporti nel campo socio-economico, «valore di mezzo specifico di identificazione della cosa venduta con carattere sostanziale»,; perciò, ove tale appartenenza risulti successivamente insussistente, «deve ritenersi che la cosa trasferita sia diversa da quella oggetto del contratto e non già la stessa cosa affetta da vizi redibitori o da mancanza di qualità promesse». Di conseguenza, l’acquirente è legittimato ad esercitare l’azione di inadempimento per consegna aliud pro alio (cfr. Cass. 26/01/1977, n. 392; 01/07/2008, n. 17995).
di Giorgia Andriani