Posted Apr 2021
Nella terza e ultima parte dell’approfondimento sul nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza dell’Avv. Orlacchio si affrontano le tematiche relative alla procedura di concordato preventivo e di liquidazione giudiziale
La quarta area è quella relativa al concordato preventivo a cui viene dedicato l’art.6.
Seguendo l’impostazione elaborata dalla Commissione Rordorf, dalla legge delega si evince la volontà di circoscrivere l’istituto alla sola ipotesi del c.d. concordato in continuità in quanto il Legislatore predilige procedure che mirino alla conservazione dell’impresa piuttosto che alla sua liquidazione. In quest’ottica viene disincentivato considerevolmente il concordato liquidatorio che, infatti, può essere proposto solo nel caso in cui vengano soddisfatti almeno il 20% dei creditori chirografari e ci sia un impegno di terzi a sostegno del concordato che aumenti “in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori”.
Un principio nuovo introdotto con la legge delega è poi quello che attribuisce al Tribunale “poteri di verifica in ordine alla fattibilità economica dello stesso”, ciò a dimostrazione della volontà di restituire vigore al ruolo degli Organi di Giustizia.
Inoltre, sempre nella prospettiva di rendere il concordato in continuità aziendale sempre più concorrenziale, è prevista la possibilità di una moratoria di oltre un anno per il pagamento dei creditori privilegiati a condizione che siano ammessi al voto.
Ancora riguardo a questo strumento, viene chiesto al Governo di riordinare la disciplina dei finanziamenti, di stabilizzare il regime della prededuzione e di dedicare attenzione alle operazioni straordinarie ed in particolare alla trasformazione, fusione e scissione, prevedendo il principio della irreversibilità degli effetti delle operazioni straordinarie che vengono eseguite nel corso della procedura.
Infine, la riforma si propone di disciplinare l’entità massima dei compensi dei professionisti incaricati dal debitore, parametrandoli alla misura dell’attivo dell’impresa soggetta alla procedura.
Ciò è divenuto necessario in quanto il concordato preventivo è ormai, per i creditori, molte volte meno conveniente del fallimento in quanto comporta la creazione di costi prededucibili, a causa delle molteplici figure professionali presenti, che sottraggono notevoli risorse attive altrimenti destinate al loro soddisfacimento.
La liquidazione giudiziale è la procedura che riguarda i debitori ormai insolventi e per i quali non è percorribile altra alternativa.
Il Legislatore prevede espressamente che questa sia un istituto a cui gli operatori debbano rivolgersi solo in via residuale, in quanto afferma chiaramente il dovere di dare priorità ai progetti volti a superare la crisi ed assicurare così la continuità aziendale.
La delega ha poi ampliato in modo rilevante i poteri del curatore assicurando da una parte una maggiore professionalità e dall’altra sancendo ulteriori profili di incompatibilità.
Inoltre, al fine di rendere l’istituto più economico, efficace ed efficiente, l’adunanza dei creditori, per quanto riguarda le procedure meno complesse, sarà soppressa e le sue funzioni sostituite con forme di consultazione telematica.
Infine, L’attuazione della riforma in esame ha reso necessaria la modifica di norme già esistenti nel nostro ordinamento.
Ci si riferisce, in particolare, alla modifica che ha riguardato il nostro Codice Civile in relazione alla norma di cui all’art. 2086.
Difatti l’art. 375, comma 2, CCII riforma la citata disposizione del codice civile – prima rubricata “Direzione e gerarchia dell’impresa”, ora “Gestione dell’impresa” – aggiungendo un secondo comma il quale recita: «L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale».
In questo modo si introduce un vero e proprio obbligo, per l’imprenditore, di adottare degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili finalizzati a monitorare, ed eventualmente, rilevare situazioni patologiche che potrebbero sfociare nella crisi dell’impresa.
Questi doveri riguardano l’imprenditore in quanto tale e non l’imprenditore in quanto debitore; è un dovere dell’imprenditore o, per meglio dire, dell’organo amministrativo, verso l’impresa e, indirettamente, verso gli stakeholders.
L’imprenditore dovrà, quindi, adoperarsi, eventualmente anche sostenendo ulteriori costi a tal fine, per consentire l’aggiornamento tempestivo della contabilità, l’adozione di strumenti di valutazione prospettica, come budget e piani di cash flow, indispensabili per agire immediatamente in caso di segnali di un’imminente crisi.
Dunque, nella gestione della crisi, diventa di importanza fondamentale che la contabilità sia attendibile, a tal fine conseguendo un approccio operativo non più a consuntivo (cd. backward-looking) bensì necessariamente previsionale (cd. forward-looking) orientato piuttosto alla pianificazione ed al controllo finalizzati alla salvaguardia della capacità di generare un adeguato flusso di cassa.
Tale monitoraggio ha il pregio di consentire il controllo tempestivo dell’insorgenza di situazioni di prolungato squilibrio economico-finanziario, intese come cause sintomatiche di crisi di impresa le quali potrebbero generare incertezza della continuità aziendale (going concern) nonché della gestione finanziariamente sostenibile nel medio-lungo periodo.
La crisi epidemiologica in corso dal gennaio 2020 ed il conseguente quadro economico finanziario hanno comportato un rinvio dell’entrata in vigore del CCII.
Tale rinvio è stato ritenuto necessario per evitare che il naturale periodo di assestamento della nuova normativa coincidesse con un periodo di particolare tensione in ambito economico-finanziario per le imprese operanti sul mercato.
Innanzitutto, il primo differimento risale allo scorso marzo e, più precisamente, al d.l. n. 9 del 2 marzo 2020 il cui art. 11 ha differito l’entrata in vigore degli obblighi di segnalazione posti a carico degli organi di controllo societari e dei creditori pubblici qualificati verso l’OCRI al 15 febbraio 2021.
Diversamente, risultavano rimandati al 15 febbraio 2021 gli obblighi di segnalazione a carico degli organi di controllo societari verso l’OCRI, così come tutti gli obblighi di segnalazione a carico dei creditori pubblici qualificati.
Tuttavia, a seguito delle successive evoluzioni della nota emergenza epidemiologica da COVID-19, nell’aprile 2020 è intervenuto un secondo differimento.
Infatti, nell’ottica di un’attuazione di misure emergenziali previste per garantire la continuità delle imprese colpite da COVID-19, l’art. 5 del D.L. 23/2020, modificando l’art. 389, comma 1, del Codice della Crisi, ne ha spostato l’entrata in vigore, dal 15 agosto 2020 al 1° settembre 2021.
Il Governo ha giustificato le ragioni di questa proroga spiegando come l’intero sistema sia stato concepito nell’ottica di un quadro economico stabile e caratterizzato da oscillazioni fisiologiche, all’interno del quale non siano colpite dalla crisi la prevalenza delle imprese, ma sia possibile concentrare l’attenzione esclusivamente su quelle imprese che presentino delle criticità.
Tuttavia, sono fatte salve, in ogni caso, la modifica intervenuta, avente ad oggetto l’art. 2086 cod. civ., già in vigore dal 16 marzo 2019.